L’Economia circolare degli scarti agroalimentari: potenzialità da esprimere sulla terra ionica ed errori da non ripetere. L’utilizzo di materia prima considerata oggi di “scarto” e la scelta di tecnologie innovative per sfruttare tutti i prodotti e sottoprodotti derivati dall’intero processo produttivo, dunque, oggi entrano a pieno diritto nel nostro focus sull’economia della terra ionica (e non solo).

Il precedente articolo sull’ecofiliera della canapa ci offre l’opportunità di dimostrare come altre risorse naturali presenti sul nostro territorio consentirebbero la realizzazione di numerose ecofiliere utili ad alimentare il successo della frastagliata Zes ionica, creando zone di alta specializzazione nella produzione di prodotti derivanti dagli “scarti” agroalimentari. E incentivando così gli investimenti nelle aree individuate. Numerosi studi nel campo della nutraceutica, infatti, si orientano verso la valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria agroalimentare allo scopo di individuare ingredienti attivi, utili al settore scientifico, ad esempio nel campo del functional food, del medical e della cosmetica.

Dal punto di vista pratico, nell’ultimo periodo parte dell’interesse si è concentrato sullo sfruttamento del luppolo. Ebbene, la filiera del luppolo, in una ottica circolare, è straordinaria poiché – oltre alla tradizionale birra – si rivela utile alla produzione di salami, creme spalmabili, biscotti e salatini. Non solo, la maggior parte del luppolo essiccato può essere trasformato in pellet oppure raccolto in coni sottovuoto destinati al mercato artigianale della birra. Il resto della spezia, invece, può finire nelle preparazioni dolci e salate. Con la trinciatura, infine, si può ottenere una farina grossolana che viene passata al setaccio per la separazione delle parti più grandi. La parte fine diventa così farina da utilizzare nelle preparazioni dolciarie mentre la parte più grossolana viene imbustata per la preparazione di tisane utili contro lo stress, il mal di testa e per favorire la digestione.

Accanto al luppolo, come noto, il nostro territorio è ricco di vigneti: in questo caso, una ecofiliera basata sullo scarto dell’uva sarebbe semplice e altamente redditizio. Infatti, dallo scarto dell’uva dopo la pigiatura per la vendemmia (la cosiddetta vinaccia) si possono ottenere cosmetici per la cura del corpo. Le vinacce, soprattutto delle uve rosse, rientrano tra gli elementi in natura che contengono più polifenoli in assoluto e hanno una grande concentrazione di resveratrolo: dall’uva autoctona a km zero può fiorire un’industria basata sui cosmetici naturali: creme mani e unghie, fluidi corpo, creme viso e sieri anti-age, tutte a base di estratto di vinacce e olio di vinaccioli, arricchibili con olio di mandorle e vitamina e acque ottenute dallo scarto di distillazione di piante aromatiche. Stesso discorso vale per i noccioli dell’oliva dai quali possono nascere bracciali e altri biogioielli combinati con pigne, rametti secchi del bosco, cera d’api, cortecce, frutta, foglie o addirittura con il rame scartato dalle lavorazioni artigianali del luogo; e per il fico d’india. In particolare dalle pale di fico d’india si possono ottenere complementi d’arredo interamente rivestiti dalla fibra essiccata. Dalle spine, dai semi e dalla buccia, invece, si ottengono ottimi prodotti dermatologici e oli dal forte potere antiossidante.

In sostanza, la Zes Ionica dovrebbe essere valorizzata anche attraverso la selezione di aziende che sfruttino la vocazione territoriale, zona ricca di materie prime utilizzate nel settore agroalimentare i cui scarti possano essere impiegati, a loro volta, come materia prima delle ecofiliere il cui utilizzo a costo zero permetterebbe la realizzazione di un nuovo circolo virtuoso, alimentando nuove attività industriali, artigianali e commerciali

Fabio Rizzo