Il tema del rimborso spese ai volontari all’interno del mondo del no-profit è ampiamente controverso, soprattutto sotto il profilo fiscale. Al fine di fare luce sull’argomento si citano due interessanti ordinanze della Corte di.
La Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sul tema dei rimborsi spese ai volontari smentendo una certa prassi un po’ “disinvolta” in uso in certi settori del volontariato. Come è noto, l’art. 2 della L. 266/1991 prevede che al volontario possano essere rimborsate dall’organizzazione di volontariato soltanto le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro i limiti preventivamente stabiliti dall’organizzazione stessa.
Ad avviso della Cassazione, la disposizione in commento tende a garantire che i rimborsi spese non mascherino l’erogazione di compensi, ossia, in definitiva, che il rapporto associativo non mascheri un rapporto di lavoro.
A tal fine la norma prescrive che i rimborsi a ciascun volontario siano connessi a “spese effettivamente sostenute” e “rientrino in limiti preventivamente stabiliti”.
Pertanto la condizione preliminare per l’ammissibilità è che si tratti di spese sostenute in nome e per conto dell’associazione stessa. Ciò posto, occorre osservare che, sotto il profilo fiscale, le spese devono essere:
effettivamente sostenute;
documentate;
inerenti all’attività svolta dall’organizzazione di appartenenza.
In altri termini, si può affermare che il rimborso delle spese è subordinato al fatto che vi sia una idonea documentazione che ne comprovi l’esistenza e l’inerenza. Inoltre, dal documento (fattura, ricevuta, nota, ecc.) si deve poter rilevare che destinataria del bene o beneficiaria del servizio è l’organizzazione di volontariato di appartenenza, e non altri soggetti.
Con ordinanza 23.11.2015, n. 23890 la Cassazione afferma che i rimborsi spese, solo se documentati e riferiti a oneri concretamente sostenuti dai volontari dell’associazione, sono esclusi da tassazione IRPEF.
Continuando, Secondo la Cassazione, da un’attenta lettura dell’art. 2 della L. 266/1991, discende che:
– non possono considerarsi rimborsi gli esborsi erogati dalle associazioni ai propri volontari a titolo di rimborso forfettario, in quanto prive di uno specifico collegamento con spese singolarmente individuate, sostenute dal percettore;
– non possono essere esclusi da tassazione i rimborsi oltre i limiti stabiliti dalla associazione, e preventivamente individuati dagli organi deliberativi.
Sulla stessa lunghezza d’onda la sentenza della Corte di Cassazione 25.11.2015, n. 24090, la quale, con riferimento al requisito di cui sopra, spiega che tali limiti non vanno individuati nell’importo iscritto nel bilancio preventivo