L’introduzione delle Zes è inserita nel decreto legge intitolato “Disposizioni urgenti per la crescita del Mezzogiorno”. Il decreto attuativo, composto da pochi scarni articoli , si è però mostrato inadeguato a regolamentare uno strumento di questa portata. L’emanazione di norme correttive non ha prodotto, inoltre, modifiche soddisfacenti. Una legge ad hoc sarebbe stata più opportuna, anche sulla base di quanto avvenuto negli altri Paesi europei. Tra l’altro, le troppe modifiche alla legge e i ripetuti rinvii in poco più di due anni non hanno fatto altro che generare confusione e incertezza sia negli investitori sia negli enti territoriali. L’imprenditore che ha voglia di investire in un’area Zes non ha a disposizione gli strumenti necessari per valutare la convenienza dell’avvio di un’attività. Infatti, non è ben disciplinato il contesto operativo in cui andrà ad insediarsi. Come è possibile, del resto, immaginare investimenti privati se le leggi di riferimento vengono modificate nel giro di pochi mesi o sono lacunose in alcuni passaggi fondamentali? Ad oggi, per esempio, non è ancora chiaro quali siano le semplificazioni burocratiche ed amministrative menzionate dal decreto attuativo. Allo stesso modo, gli enti territoriali chiamati alla redazione dei piani strategici, e alla richiesta di istituzione delle Zes, navigano nell’incertezza frutto di questa instabilità normativa. La legge di riferimento che ha istituito le Zes prevede infatti che siano gli Enti locali a proporre la propria candidature. Requisito fondamentale per l’ammissione nelle Zes è che l’area individuata possa configurarsi come “porto, area retroportuale anche di carattere produttivo ed aeroportuale, piattaforma logistica o interporto” o che sia anche un’area “non territorialmente adiacente purché presenti un nesso economico funzionale con l’Area portuale”.

La mancanza di comunicazione tra i Comuni ionici e la scarsa informazione sulla legge in vigore, anche a causa della mancanza al loro interno di tecnici specializzati, hanno per adesso impedito il decollo di questo strumento di sviluppo economico. Gli enti locali della provincia di Taranto hanno sì inviato singolarmente la candidatura trascurando, però, le potenzialità di crescita derivanti dalla creazione di un sistema territoriale integrato. Il risultato è che non si è pensato concretamente alla realizzazione di collegamenti e infrastrutture idonee a creare un nesso economico funzionale tra le varie aree e tra queste e l’area portuale. Obiettivo perseguito dal Comune di Molfetta, invece, che ha individuato un’area, tra porto e retroporto, di 128 ettari e che sta sostenendo, inoltre, l’ingresso nella Zes del Comune di Bisceglie con l’obiettivo di creare un grande distretto imprenditoriale. Riteniamo, dunque, che il sistema legislativo di riferimento non sia idoneo alla regolamentazione di uno strumento così delicato e che non sia al passo con quanto previsto negli altri Paesi. Tantomeno, le modifiche contenute nella legge di Bilancio 2020, in discussione in Parlamento, incidono in maniera importante sulla Zes e non fanno alcun riferimento ad un ampliamento delle agevolazioni fiscali concedibili alle imprese. E men che meno ad un approfondimento sulle semplificazioni amministrative e burocratiche, prevedendo esclusivamente la proroga al 31 dicembre 2022 del credito d’imposta per gli investimenti e la nomina di commissari di Governo per ciascuna delle Zes, con l’incarico di accelerarne lo sviluppo. Riteniamo necessario, inoltre, che gli Enti locali si dotino di tecnici specializzati e soprattutto che collaborino tra loro per far sì che le Zes non restino dei contenitori vuoti e delle speranze disattese di crescita economica. Il nostro auspicio è che diventino strumenti fondamentali per l’attrazione di investimenti italiani e internazionali nelle aree del mezzogiorno e che possano diventare appetibili, ad esempio, per la Cina e per la nuova via della seta che si va sviluppando.

Simona Grassi